28 anni dopo

30.06.2025

Se la novità del mese scorso parlava di vampiri, questo mese si parla dei non morti per eccellenza: gli zombie. Come per i succhia sangue, anche di zombie se ne sono visti parecchi ed è difficile rinnovare il genere. Appaiono in migliaia di film/spettacoli/serie tv, così tanti che anche il progetto più originale in realtà è qualcosa di già visto. Zombie horror, comici, teenagers, innamorati, violenti, cantanti, nazisti, animati, robot, supereroi, mostruosi, extraterrestri, per bambini, splatter, e poi infettati per virus, per funghi, per gli alieni, per le radiazioni, per la magia, senza contare gli zombie nell'apocalisse, quelli nei mondi fantasy o nella realtà di tutti i giorni, quelli nel passato, quelli che sono solo carne da macello, quelli nei videogiochi... praticamente qualsiasi cosa si possa immaginare con gli zombie è stata realizzata.

Il pubblico però è non-stanco dei non-morti. Anche se di film uguali tra loro ce ne sono a bizzeffe, gli spettatori adorano vedere gli zombie venire massacrati da gente che vive in un mondo distrutto. È figo. Ovviamente è sempre apprezzata la novità e qui entra in gioco Danny Boyle, regista di "28 giorni dopo" e che dirige il sequel, indovinate un po', 23 anni dopo. Fregati!

Dare "nuova vita" ai morti viventi

Nel 2002 Boyle dimostrò al mondo che non serve per forza inventare qualcosa di nuovo sugli zombie per fare un buon film. Il segreto? Raccontare una storia CON gli zombie, non DI zombie.

Siamo così abituati a questo tipo di mostri che non ci serve sapere altro, non li consideriamo più creature importanti, bensì di contorno, e così dev'essere nella narrazione. Se non si ha un'idea rivoluzionaria non fa niente, basta riuscire a raccontare qualcos'altro che sia accattivante, coinvolgente. In "28 giorni dopo" si raccontava la storia di un uomo contro un gruppo di soldati violenti, gli zombie c'erano solo per creare atmosfera.

Con "28 anni dopo" si riconferma questa teoria. Gli zombie non sono al centro, lasciano spazio a personaggi interessanti che hanno qualcosa da raccontare. L'Inghilterra è in quarantena per via del virus che trasforma in zombie e i pochi sopravvissuti hanno creato un nuovo tipo di società per poter andare avanti nonostante l'apocalisse. In questa atmosfera assistiamo alle avventure di un ragazzino che è disposto a tutto pur di curare la madre da una malattia misteriosa. Il rapporto tra i personaggi e l'umanità che ci viene mostrata rendono "28 anni dopo" un bellissimo film, prima ancora che un bel film sugli zombie.

La narrazione scorre leggera e si prende tutto il tempo necessario per mostrare ambienti, paesaggi, interazioni tra personaggi, senza diventare lenta o noiosa.

Nonostante il genere sia ricco di cliché prevedibili (e ce ne sono), non mancano i colpi di scena che contribuiscono sia a coinvolgere lo spettatore sia a seminare storie interessanti per i sequel. Sì, Boyle pensa di dirigere una trilogia di cui "28 anni dopo" è il primo film e io sono particolarmente elettrizzato. Se si prosegue su questa strada, ho fiducia che possa uscire un ottimo risultato.


Ovviamente da questo regista non potevamo aspettarci altro, ma "28 anni dopo" è proprio un bel film che può piacere anche ai non appassionati del genere horror. Consigliatissimo.


Valutazione:
★★★★★★★★★★


di Andrea Brevi