Dove finiscono le parole

10.09.2025

Ho un rapporto segreto con le parole.
Le parole, per me, sono intime, non sono solo suoni ma stanze dove abitano le mie emozioni.
Ponti che mi tengono legata al mondo.

Un giorno le parole hanno cominciato a scivolarmi via.
Una dopo l'altra, silenziose, sparivano.
Le cercavo ovunque: sotto i sassi, tra le ombre, nelle pieghe dei miei sogni.
Non le trovavo.

E più le parole sparivano, più smarrivo anche il significato delle cose.
Senza le parole, non trovavo più me stessa, non trovavo più la mia strada e nemmeno quella del mondo.
Era come se la geografia fosse svanita:
non c'erano più confini, non c'erano più mappe.
Solo un vuoto che cresceva.

Nel mezzo di quel vuoto, un giorno, ho visto un grattacielo nero.
Era altissimo, senza fine, e la sua ombra cadeva su tutto.
Copriva le case, le piazze, i volti delle persone.
Ogni cosa che l'ombra toccava perdeva contorno.

Avevo paura.
Non era solo la paura del buio ma paura di non avere più parole per raccontarmi e raccontare il mondo.
La paura di non appartenere più a nulla.

Quando perdo le parole, perdo anche la mia geografia.
E con essa, perdo anche quella del mondo.

Allora ho cominciato a credere che forse la realtà fosse fatta solo di ombre e che, forse, crediamo a qualcosa senza nemmeno sapere perché.
Forse il mondo intero non è altro che il riflesso di un'ombra più grande e le parole sono gli unici fili che ci tengono legati alla luce.

E io, seduta ai piedi del grattacielo nero, aspetto.
Aspettato che una parola possa tornare da me, una soltanto.

Perché so che quando tornerà,
anche il mondo ricomincerà a respirare.