Un ultimo canto agli eroi

05.05.2025

Dunkirk, una città, una spiaggia, un simbolo, un film.

Nolan firma un biopic che va oltre lo storicismo, che sorvola l'action inevitabile della guerra, e mostra l'eroe nelle sue sfaccettature più profonde: il trauma, la paura, la morte, la vergogna, il senso di inadeguatezza.

Il tempo sta finendo.
Bisogna correre, tornare a casa.



Il molo (1 settimana)

Schiacciati sulla spiaggia di Dunkirk i soldati inglesi - coperti dalla retroguardia francese - cercano di evacuare. I tedeschi premono sulle linee francesi, filtrano dalle dune a est e bombardano dal cielo.
La spiaggia è la sala d'attesa. Ci si aiuta, ci si organizza: file di soldati in attesa; tutti vogliono tornare a casa, nessuno sa se tornerà a casa.
Dal mare tornano i compagni ammarati, vivi o morti; le barche sono poche e alla mercé dei cacciatorpedinieri.


Fermi, in fila aspettano...
Tutti a terra quando passa un caccia,
Tutti speranzosi quando arriva una nave.

Nessuno sceglie quando morire, ognuno aspetta il suo turno: mani sulle orecchie, testa china, emicranie. Poi di nuovo tutti in piedi, non è successo niente: bisogna continuare, bisogna tornare a casa.
O io, o te.

Uniti si cercano delle soluzioni: una barca arenata, un molo improvvisato, una morte più dolce...


Il mare (1 giorno)

Una volta imbarcati (chi è riuscito), si attende l'arrivo, la Gran Bretagna è lì a un passo ma non è facile arrivare.
Il canale della manica è il viaggio. I soldati lasciano la spiaggia, la terra ferma, con la speranza di arrivare dall'altra parte... il mare è quel non-luogo in cui non c'è certezza, nulla è sicuro e non c'è un terreno dove sdraiarsi quando il suono dei caccia si avvicina. Non puoi arrenderti al destino, devi nuotare. Non puoi distrarti, rilassarti, pensare. Non sei in salvo, non sei a casa. Dove sei?

Il mare è latenza:
Puoi tornare a casa
Puoi tornare alla spiaggia
O perderti nel viaggio, perderti nell'acqua
Ma non sei tu a scegliere.
Abbi fede...
Si forte!
Sopravvivi.
Casa è dall'altra parte, forse


Il cielo (1 ora)

Gli ultimi Spitfire rimasti in azione si spingono verso Dunkirk per coprire la ritirata, in basso la morte e la speranza si mescolano. Ma l'aviazione tedesca controlla queste acque.
Il cielo è l'unica possibilità, l'unica protezione, l'ultima occasione.

Volteggiano nel cielo, angeli di metallo.
Si rincorrono, si sparano, ci sparano: fanno la guerra.
Ma i colpi finiscono, il gasolio finisce, le idee finiscono.

Apri il paracadute! Tento l'ammaraggio...
Ne hai uno dietro! Sono su di lui.

Se ti colpiscono ti fermi, GAME OVER : per te, per noi, per tutti.



In un mondo in guerra - ma senza eroi - come il nostro, questo film è incomprensibile - o meglio, è comprensibile in quanto film, solo e soltanto come film. Ed un film cos'è se non finzione? La restituzione morta del set, diceva Carmelo Bene.
Noi abbiamo la guerra ma non gli eroi, abbiamo i maschi ma non gli uomini. E il perché è tutto qui dentro: la guerra ci ha decimato, e non parlo di numeri (anche se i numeri sono spaventosi, e non ci prendiamo mai il dovuto tempo per ricordarlo) parlo della mente. Individui distrutti, personalità frammentate, esperienze spezzettate, ricordi rimossi, bocche cucite: uomini spaventati.

Cosa succede se da un tavolo imbandito sfili con forza la tovaglia - e non sei un mago?
Riformulo la domanda: cosa succede se costruisci il concetto di uomo sull'ideale dell'eroe, e poi questo viene distrutto?

Generazioni di uomini che non hanno saputo condividere il dolore, che non hanno pianto, che non hanno detto. Generazioni di uomini convalescenti, ritardati, nervosi, ubriachi. 
Un umanità che cerca di guardare dall'altra parte, che cerca di non pensare, di non parlarsi, di non sentirsi.
Un mondo di maschi denigrati, depotenziati, decostruiti, crollati, scoppiati, distrutti, lacerati, persi, incazzati, anestetizzati, ricoverati, biasimati, incompresi, bullizzati, sfruttati, abbandonati, calpestati, schifati, insultati, ignorati, annichiliti, atomizzati, scomparsi.