Il nascondiglio della magia

La bambina disegnava
E ogni linea che tracciava diventava respiro, diventava mondo.
Non importava che non fosse la realtà.
Lì, tra i suoi colori, la magia aveva ancora diritto di esistere.
«In cosa credi?»
«Nella magia.»
«Ma la magia non esiste. È un'illusione, un giorno la perderai» risposero le persone adulte.
Ma la bambina rise.
Sapeva che la vera perdita non era smettere di credere, ma dimenticare come riconoscerla, perché la magia non scompare: cambia forma. Ma era come se gli adulti non sapessero cambiare forma.
Guardò i grandi: sembravano palazzi immensi, senza finestre. Muri spessi, senza luce, senz'acqua. Era triste pensare che chiamassero quella vita.
«E allora.. dove si trova, da grandi, la magia?» domandò una di quelle voci adulte.
La stessa bambina, ormai cresciuta, trovò le parole per rispondere a questa domanda:
«Dove si trova, da grandi, la magia?»
Rispose con voce nuova, ma con lo stesso cuore:
Nella felicità ma anche nella tristezza, nel tenersi per mano anche quando non è facile, nel coraggio, nel concedersi di essere moltitudini, anche in contrasto.
Nel credere in qualcosa. Magia è sinonimo di credere.
Perché nella magia ci vediamo, esistiamo, ci sediamo nella parte più autentica di noi.
La possiamo osservare mentre aleggia delicatamente proprio quando nessuno ci guarda, quando seguiamo beatamente qualcosa e nel seguirlo ci sentiamo tanto fortunati nel poterlo fare, esattamente come quando da bambini dipingevamo sul foglio, dove l'unico scopo era esprimersi totalmente, era viversi, dire sì ad ogni pezzettino di noi.
«Ma i palazzi dove vivono le persone grandi non hanno più le finestre» pensò la bambina
«Sarebbe bello potergliele ricostruire!
Chissà dove si nasconde la nuova forma della loro magia,
Chissà dove saranno finite le fondamenta delle loro finestre.
Magari si sono nascoste in cantina, dopo aver preso un brutto spavento!
Allora forse bisogna cercare proprio lì!»
Si rese presto conto, però, che lei non poteva entrare nelle case di sconosciuti, ancor meno nelle cantine, dove dormono nascosti gli oggetti e i ricordi più intimi delle persone.
Si rese presto conto che quella non era affatto proprietà sua, o meglio, non era compito suo svegliare quei ricordi dal loro profondo sonno.
Il pensiero di non poter fare nulla la devastava
Allora, con l'aiuto della magia, inventò un gioco: una caccia al tesoro, dove il tesoro si trovava proprio in cantina.
Le persone adulte che vollero partecipare, e quindi credere, almeno per il tempo di un gioco alla magia, iniziarono ad aprire piano piano le loro buie cantine.
Lo scopo era superficiale, all'inizio: solo un gioco.
Ma poi poteva trasformarsi in qualcosa di più profondo.
Lo sapeva bene la bambina: «fa anche questo la magia!», pensò.
Ben presto, non tutti, forse solo i più coraggiosi, si resero conto che il vero tesoro non era quello trovato grazie al gioco, ma che stavano trascurando il tesoro più prezioso: i propri ricordi, le proprie emozioni.
Ritrovati, impolverati, forse non meritavano di stare dove stavano.
Decisero allora di seguire il proprio istinto e la propria magia che sussurravano di riportare i ricordi accanto alla finestra per vederli, far prendere loro un po' di luce e di calore.
Ma si accorsero, per la prima volta, che non potevano: i loro palazzi non avevano finestre!
Allora, seguendo sempre il loro istinto e la loro magia, decisero di buttare giù quel quadrato di muro per curare i propri ricordi e le proprie emozioni, dimenticate purtroppo in cantina per chissà quanto tempo.
E fu così che la bambina e i grandi, senza rendersene conto, non impararono solamente il significato della parola magia, ma anche della parola amore.