Il prato dei pensieri di cotone
Mi piace sdraiarmi sull'erba a guardare il
cielo e ascoltare il silenzio che sa dire tante cose. Quando rimango lì, ferma,
con le braccia dietro la testa, accade qualcosa di speciale: è come se i
pensieri cominciassero a filarsi da soli, come fili di cotone che escono piano
dalla mia mente.
Mi piace raccoglierli tutti per farci dei
vestiti: ci sono maglie fatte di coraggio, cappelli pieni di domande, mantelli
pesanti di paura.
A volte mi avvolgo in una sciarpa che sa di nostalgia, altre volte indosso
scarpe che mi fanno correre troppo.
Per tanto tempo ho indossato sempre gli stessi
vestiti, non ci facevo nemmeno più caso.
Eppure qualcuno era bagnato, qualcuno graffiava, qualcuno non mi somigliava
più.
Così, presa dalla curiosità di vederli bene,
dall'esterno, invece che appiccicati al proprio corpo, presi uno stendino e
iniziai ad accorgermi di quanti sono i vestiti che restano addosso solo perché
ci siamo dimenticati di toglierceli.
A questa consapevolezza il cuore fa un piccolo
salto.
Poi arriva il vento che prende con sé un
mantello pesante, quello più difficile da togliere e lo fa volare via.
Subito corriamo di corsa dietro a quel
mantello, ma quando ci si ferma, ci si accorge di respirare un po' meglio senza
di lui.
Ho capito che il vento sa essere dispettoso,
non cattivo. Ama mescolare i vestiti come se fossero carte perché crede che
cambiare sia una danza continua.
Ogni tanto menomale che arriva a trovarci: fa
volare via qualche vestito e ci costringe a provare qualcosa di nuovo.
Non è poi così tanto un disastro il vento,
anche se scombina tutto quello che avevamo steso, sa essere nostro amico, ci
porta le versioni di noi che, in fondo al cuore, desideriamo.
