Manic Pixie Girl

06.05.2025

Appare chiaro ai miei occhi come oggigiorno sia diventata la norma per le giovani ragazze abitanti del web, descriversi attraverso una serie di typos che consumano nella loro quotidiana esistenza. Anche se non è vero che questo particolare cibo sia consumato da loro quotidianamente, ma semplicemente corrisponda ai canoni estetici del personaggio che vogliono incarnare. Possiamo trovare la ragazza black air/Lana del Rey/water and fairies/Silvia Plath/drowning o la ragazza long nails/falsies/Ice Spice/sesso, droga e rock and roll.
Lo scopo implicito dell'identificazione di noi stessi attraverso i prodotti che consumiamo è quello di qualificarci e inserirci in una nicchia di persone al contempo tutte speciali e tutte uguali le une alle altre. Non serve che io legga davvero Silvia Plath per rientrare in quel typos, perché io sono quel typos, quel typos che, anche se non mi descrive al 100%, serve a farmi riconoscere.
Ecco, capisco perché lo facciamo, perché affidare la propria identità a dei complessi personaggi femminili può dare a tutte noi il giusto livello di autostima per cominciare a credere davvero in noi stesse, giusto? Ma in quale noi stiamo credendo? In quale me mi sto trasformando?
E adesso, mentre mi metto il mascara prima di piangere, così da sembrare il giusto livello di triste, penso a come niente sembri più vero, e a come niente sembri più reale se non è come nei film. Oh, ma quanto è bello essere capiti e compresi, anche se solo come una caricatura.
"Questo sentimento è reale perché ho qualcosa con cui compararlo".
Sembra che io sia in grado di capirmi solo attraverso le lenti di quella me attualizzata nella finzione della mia stessa vita. E mentre rassicuro me stessa che sono giunta a questo media, a questo typos, per un predeterminato senso del sé, non posso fare che chiedermi se sia stato esso invece a crearmi, se siano i prodotti con cui entro in contatto a forgiarmi come persona.
Chi sarei se smettessi di consumare? Cosa rimarrebbe da sentire?
Consumiamo così tanto che forse non sappiamo più esistere come qualcosa che non possa essere venduto.
Ho dovuto rinunciare a scrivere un diario perché non potevo smettere di scrivere per le persone che lo avrebbero letto dopo la mia morte.


R.C.