My First Film

Vita, una giovane regista con due mamme e un padre malato di AIDS, gira il suo primo film circondata da amici e quello che ne risulta è una catastrofe. Questa è la storia che Zia Anger, regista indie statunitense, sceglie di raccontare, la sua storia, la storia del suo primo film.
Zia si catapulta in un universo cinematografico completamente sperimentale, utilizza non solo differenti macchine da presa, differenti tecniche di ripresa, differenti approcci attoriali, ma una differente intesa del cinema stesso.
Il film è puro caos, una storia metaletteraria dentro una storia metaletteraria, come delle matrioska, e sebbene ogni scena sembri nascondere un segreto comunicato in una lingua sconosciuta, tutto è comprensibile e facile alla mente.

Seguendo la storia di Vita, ci accorgiamo che tutto è destinato a fallire, lo sappiamo fin dall'inizio, dal primo "no" che riceve nella sua strada verso la gloria, e ci rendiamo conto man mano che il film si sviluppa, che ad ogni angolo la aspetta qualcosa di terribile. Non è solo la storia del suo primo film, è la storia del suo essere per la prima volta una donna, e il fallimento della sua creazione si interseca con la memoria sofferente di due aborti.
Ad un certo punto mi sono addirittura chiesta se il film non fosse in realtà la storia dei suoi due aborti mascherata con la storia del suo primo film.
"Succede a tante persone. Solo che nessuno ne parla"
Vita è una giovane ragazza piena di vita, con sogni infiniti e amici disposti ad aiutarla a realizzarli, è allo stesso tempo una ragazza tormentata dalla sua storia, che è diversa ma non tragica, una storia che sente il bisogno di raccontare, ma travestita da altro, come se non fosse sua.
"Questa è una storia vera. È una storia vera, tranne che io ho due mamme, mio padre non è morto e ho abortito due volte"
Destinata fin dalla nascita al cinema, è costretta a confrontarsi con l'essere donna, e l'essere sola, e posta davanti al peso della creazione, soccombe. E anni dopo, dopo essere cresciuta nel suo abito di donna, torna sui suoi passi e decide di raccontare la sua storia, quella vera questa volta, e si riappropria del suo potere.

Dà vita a un figlio metaletterario, una nuova/vecchia versione di sé, che non ha più paura di creare, non è più spaventata dalla vita, ma che è pronta a prendersi per mano, ad abbracciarsi, e a camminare insieme verso il futuro che la aspetta.
"Tutto quello che ti serve per creare è un corpo. Quello che scegli di creare sta a te."
Il film è lungo, forse un po' troppo, ma la dolcezza del suo finale ti fa dimenticare qualsiasi cosa, non è un film facile, non è facile perché è una storia vera, ma merita di essere visto, perché ogni storia merita di essere ascoltata.
di Rebecca Carminati