Philadelphia

26.05.2025

Quando il diritto, a volte, diventa parte integrante della giustizia applicata alla realtà.


"Philadelphia" è un film del '93 con protagonisti Tom Hanks e Denzel Washington, che tratta della situazione legata al diffondersi dell'AIDS in quegli anni, in particolare su come venivano trattati i malati da parte di datori di lavoro, colleghi, amici, famiglia.
Non tanto recente il tema dell'AIDS, vero? Eppure guardando "Philadelphia" ho rivisto la società in cui vivo attualmente, con tutti i problemi legati ai pregiudizi e alla disinformazione.
Nel film, l'avvocato omosessuale Andrew Beckett (Tom Hanks) riceve una promozione e può finalmente essere un pezzo grosso dello studio legale, sennonché viene licenziato poco dopo quando i suoi capi sospettano che abbia l'AIDS. Lo licenziano nascondendo un documento importante e dandogli la colpa, giustificando così il licenziamento.
Andrew non ci casca, capisce di essere stato discriminato dai suoi superiori e si rivolge a molti avvocati per citarli in giudizio; su nove, nessuno accetta il caso. Anche l'avvocato Joe Miller (Denzel Washington) rifiuta inizialmente, ma accetta dopo aver visto la determinazione di Andrew nell'affrontare il caso.
Non dovete fraintendere Joe: lui è omofobo e pieno di pregiudizi come tutti gli altri, sta semplicemente lottando contro un'ingiustizia legale.
Lungo il film i due avvocati si conosceranno meglio e formeranno un forte legame, dimostrando che l'idea generale riguardante l'AIDS non è altro che un frutto dalla paura e dell'ansia sociale.

Il fulcro del film

Se sostituiamo l'AIDS con qualsiasi altro problema sociale, il film funziona comunque.
Non è la malattia al centro della storia, è la reazione della gente, il pensiero che ci gira attorno, i pregiudizi, il comportamento nel mondo del lavoro e nella vita quotidiana. L'avvocato Andrew ha subito un'ingiustizia: non importa per cosa, importa che i responsabili paghino per i danni causati alla carriera di un uomo.
Il film vuole sottolineare come non sia giusto denigrare le persone "scomode", anche se tutti pensano sia meglio liberarsene. Spesso i pregiudizi che abbiamo su qualcuno (malati, immigrati, senzatetto, dipendenti da sostanze) tendono a giustificare le brutte azioni che avvengono quotidianamente nei loro confronti, come se tutto fosse permesso perché stiamo meglio con noi stessi, non abbiamo più "lo sporco nel nostro bel giardino pulito" che è la nostra mente piccola e chiusa.
Quante volte sentiamo in strada o alla televisione parole pronunciate per de-umanizzare qualcuno con l'unico scopo di isolarlo? Spesso sono discorsi che si potrebbero evitare con un po' di informazione.
L'abbiamo visto pochi anni fa col Covid-19, dove la gente era in panico e la disinformazione si è dilagata senza freni. Oppure ancora lo vediamo nei confronti degli immigrati, dove certi comportamenti illegali non vengono denunciati perché, in fondo, sono tutti d'accordo.

Lotta alla paura

Basterebbe andare ad informarsi, a conoscere ciò di cui si ha paura, per riuscire a bloccare il meccanismo che ci coinvolge tutti. Ignoranza, paura, violenza (sia fisica che psicologica), i passaggi sono questi, sempre. La poca conoscenza porta a timori innati nell'essere umano, che scatenano reazioni violente che paiono la soluzione migliore. Negli anni novanta era l'AIDS, ma tutt'oggi abbiamo qualcosa che ci fa paura e ammiriamo chi riesce a proporre soluzioni, spesso infattibili e che servono solo ad abbindolare.
Pensate a tutti i leader che nel corso della storia hanno avuto i favori delle masse: propongono risoluzioni a quei problemi che più spaventano le persone, come la crisi economica, l'immigrazione, le malattie, le guerre... giocano tutti sulle nostre paure.
Non sappiamo come affrontare questi problemi, abbiamo quindi paura ed ecco che siamo pronti alla violenza "giustificata".

Il film "Philadelphia" è un bellissimo film, sia per le musiche che per la regia, per i dialoghi, per il tema, per la rappresentazione di una minoranza, per tutti i particolari che raccontano senza parlare.

Quello che mi ha colpito di più è proprio l'essenza della trama, la struttura portante della storia che rispecchia la società degli anni '90 così come quella di oggi. 
Non lasciamo che l'odio per qualcuno giustifichi il male che viene fatto ogni giorno. Tenersi informati e non cadere nei pregiudizi è la misura di sicurezza migliore per evitare il ripetersi di avvenimenti come quello accaduto all'avvocato Andrew - tra l'altro ispirato da vicende reali.
 
Anche se il film passa molto tempo in tribunale c'è un buon equilibrio tra scene "da avvocati" e scene di vita quotidiana, anche se a volte i discorsi dell'avvocato Miller sembravano fuori contesto, più alla ricerca di spettacolarità che di senso logico. Nulla però toglie al resto del film.

Valutazione:

★★★★★★★★★☆

di Andrea Brevi