Splatters - Gli Schizzacervelli

Ovviamente non si può parlare di splatter senza nominare un cult di questo genere: "Splatters – Gli Schizzacervelli" di Peter Jackson. Una folle commedia horror del 1992 che trasforma gli “zombie” in un grottesco e spassoso carosello di mostri, sangue e interiora. Il regista neozelandese si è formato artisticamente negli anni ottanta, gli anni dello “splatter”, e quando riuscì finalmente ad ottenere un budget da 3 milioni di dollari decise di darci dentro con il sangue e con le viscere.
Il suo film parte come un'avventura alla Indiana Jones in cui degli esploratori su Skull Island (occhiolino a King Kong) catturano una scimmia-ratto, animale il cui morso trasforma in famelici zombie. Arrivata allo zoo di Wellington in Nuova Zelanda, la scimmia diventa attrazione per i visitatori, tra i quali c'è la madre del protagonista che verrà poi morsa diventando il paziente zero.
Ora, non vi racconterò tutta la trama, ma sappiate che il film ha dei punti di svolta molto interessanti.

Per prima cosa, non è la classica storia di zombie. Il protagonista non si dedica ad uccidere i morti viventi, bensì a tenerli nascosti nella sua cantina e prendersene cura (cosa potrà mai andare storto?)
Poi ci sono gli effetti del morso zombificante, che hanno preceduto di molti anni la stragrande maggioranza dei videogiochi del genere: le persone morse non solo vivono in un corpo in decomposizione, ma addirittura si trasformano, diventando veri e propri mostri.
L'ambientazione è contenuta, solo una villa, niente più. Non ci sono orde di zombie in strada o per le città di tutto il mondo. Il protagonista è confinato in casa sua e dovrà evitare la dispersione dei contagiati.
Oltre ad avere una trama che tiene alta l'attenzione dello spettatore, ci sono degli effetti grafici che accompagnano l'intera visione e di cui si rimane sinceramente impressionati. Sia per l'utilizzo della stop-motion per la scimmia-ratto e per il bambino zombie deforme, sia per i costumi e il trucco (avete sentito bene: niente CGI!)
Visivamente il film è una gioia per gli occhi degli appassionati del genere, ma anche un macabro spettacolo fatto di sangue ad ettolitri, liquidi organici vari e parti smembrate, il tutto che converte in un finale che è una vera e propria ode allo smembramento.

Oggettivamente una cosa che crea disgusto non dovrebbe piacere, non dovrebbe affascinare e tanto meno diventare un genere cinematografico, ma ci sono diversi fattori che in realtà ci attraggono e ci spingono a guardare lo Splatter, fondati su una caratteristica fondamentale del cinema: la finzione.